1° classificato – cat. Scuola secondaria 1° grado Nazionale

Sara Fedeli

Sara Fedeli

 

 

LA LAMA INFINITA: UN MITO SEMISERIO – racconto

Un racconto leggero, trasversale e diacronico che ripercorre eventi mitologici, storici, letterari, cinematografici e contemporanei con sagace ironia e puntuale sintesi descrittiva attraverso il mito primordiale della lame forgiate da Efesto per Ercole. Con arditi ma divertenti accostamenti e con uno stile frizzante e dinamico si giunge al curioso epilogo interattivo anch’esso costruito con sapiente capacità narrativa. (dal Verbale di Giuria)

 

 

 

LA LAMA INFINITA: UN MITO SEMISERIO

di

Sara Fedeli

Scuola media Don Bosco – Legnago (Verona)

 

 

Non tutti sanno che, nell’antichità, amori e liti degli dei greci si ripercuotevano inesorabilmente sulle sorti dell’umanità. Ma ancor meno è nota la vicenda di Ercole ed Efesto. Ercole aveva chiesto ad Efesto di forgiargli delle armi straordinarie, resistenti ed affilate come non si erano mai viste prima sulla faccia della terra, affinché queste lo rendessero un grande eroe invincibile. Il dio del Fuoco Eterno profuse tutto il suo impegno e la sua esperienza di fabbro, preparando lame e spade di varie dimensioni, durezza e forma. Tuttavia, quando le mostrò ad Ercole, questi le disprezzò e si arrabbiò moltissimo, perché non erano affatto di suo gradimento. Efesto si offese profondamente e maledisse le armi che lui stesso aveva forgiato con tanta dedizione. L’ira di Ercole squarciò il cielo, fece echeggiare i deserti e le foreste: egli afferrò tutte le lame e le scagliò con forza divina in cielo, oltrepassando i limiti del tempo e dello spazio. Le lame, di tutti i tipi e forme, rotearono nell’aria percorrendo secoli e chilometri e ricadendo sulla terra in luoghi ed epoche diverse.

Si narra che particolare fosse il pugnale che armò la mano di Bruto, il quale, al tempo dei Romani, uccise a tradimento il padre Giulio Cesare. Quella era infatti una delle lame del dio Efesto, poiché con un solo colpo avrebbe colpito sicuramente il bersaglio, procurando morte immediata. Fu proprio così che la mano insicura e tremante di Bruto fu in grado di colpire con precisione il padre. Da lì seguirono tristi sciagure per il popolo romano. Cadendo al suolo, il povero Cesare disse: “Quoque tu, Brute, fili mi!”.

Andando oltre il tempo ed i secoli, un’altra lama finì a Rimini. Nel palazzo dei Malatesta, vivevano i signori Gianciotto e Francesca. Ma la giovane donna amava troppo la lettura e la compagnia del cognato Paolo. Fu così che, un triste giorno, lo sfortunato Gianciotto si adirò, giustamente, con il fratello Paolo perché vide il fratello mentre corteggiava Francesca: “galeotta” fu la lama e chi la forgiò! In preda ad un attacco d’ira, Gianciotto accoltellò con lama tagliente e vendicativa i due amanti. Dante stesso documentò il fatto ne la “Divina Commedia”, poiché intuì l’origine “divina” di quella lama che giustiziò i due innamorati.

Continuando a galoppare nel tempo, c’è notizia di un’arma, unica nel suo genere, una spada magica per giunta: essa era conficcata profondamente in una roccia a Camelot, in Inghilterra. Solo un “vero e puro re” sarebbe riuscito ad estrarla, e così avvenne. Come aveva predetto il potentissimo mago Merlino, un giovane coraggioso e aitante sarebbe riuscito nell’impresa e avrebbe mostrato tutta l’imponenza di Excalibur ai suoi sudditi pieni di meraviglia e stupore: in seguito a questa impresa, egli diventò Re Artù. Il re scelse poi dei cavalieri fidati, che credevano negli ideali di pace, giustizia, unione e fratellanza, e li chiamò “I Cavalieri della Tavola Rotonda”. Ma la sciagura della lama si riversò contro Artù, infatti di lì a poco la regina Ginevra l’avrebbe tradito proprio con uno dei Cavalieri: sir Lancillotto.

A distanza di diverse decine di anni, un altro dei mitici pugnali finì questa volta in Italia, proprio nel fodero di Romeo Montecchi. Egli era un giovane nobile veronese che aveva una relazione segreta con Giulietta Capuleti, infinitamente dolce, graziosa ed affascinante: aveva la bellezza di un bocciolo di rosa bagnato dalla rugiada del mattino! Purtroppo apparteneva ad una famiglia rivale. Romeo perse la testa per lei sin dal primo sguardo, a una festa nel palazzo della ragazza, e quando la festa finì si dichiararono il loro amore …dal balcone.

Dopo varie peripezie, grazie ad infusi di erbe mediche, Giulietta si finse morta per non sposare Paride; ma lo sventurato Romeo, trovandola inaspettatamente non più sul balcone ma sul letto di morte, si pugnalò con un coltello, con un raro fregio di due camosci di montagna che lo ingentiliva, per. poterla raggiungere nell’ aldilà. E con lo stesso coltello anche Giulietta si ucciderà, dopo essersi svegliata dal sonno ingannatore, vedendo il suo amato morto accanto a lei: e così la micidiale lama di Efesto prese ancora due piccioni con una fava!

Qualche secolo più tardi, echeggiò in una piazza il rumore di un’altra delle famose lame. Questa volta era finita in una ghigliottina, proprio alla corte di Versailles, in Francia, dove da tempo vi erano forti dissapori tra la nobiltà e la popolazione. Più simile a un giullare che a un re, Luigi XVI pensava di usare una ghigliottina molto tagliente per fare giustizia sul popolo ribelle; ma, ironia della sorte, furono i francesi rivoluzionari a giustiziare lui con la graziosa e superba moglie Maria Antonietta, in quanto la lama preferì far scorrere il suo sangue blu. Saltellando da un secolo all’altro, eccoci all’arma che servì a Dorian Gray per uccidere l’amico pittore Basil e accoltellare ripetutamente il ritratto che egli aveva dipinto. Questo quadro, infatti, aveva un potere alquanto diabolico: l’aspetto fisico di Dorian non mutava mai nel corso degli anni, ma il quadro si imbruttiva ad ogni malefatta da lui compiuta: il volto diventava rugoso, quasi irriconoscibile, il corpo pareva stesse diventando gobbo e, in una delle sue mani, apparve una chiazza rossa, poiché aveva commesso anche degli omicidi. Ad un certo punto i sensi di colpa e tutte le angosce della vita ebbero la meglio sul povero Dorian: prese il pugnale e trafisse la tela. Il suo aspetto diventò improvvisamente orrido, mentre la giovinezza tanto desiderata, si trasferì sulla tela, che divenne un capolavoro di bellezza e fascino. Un’altra lama scagliata da Ercole aveva manifestato il suo potere.

Tuttavia, anche in anni recenti, si possono rintracciare delle tintinnanti lame “forbiciute”. In Florida, infatti, si è sentito parlare di un ragazzo dalle strane mani appuntite e taglienti.

Edward, detto “Mani di forbice”, era la creatura immortale di uno scienziato, che, purtroppo, non era riuscito a completare adeguatamente la sua creatura. Nonostante Edward fosse per molti misterioso e tenebroso, riusciva ad incarnare una dolcezza, un’ingenuità e una semplicità che colpivano chi aveva modo di conoscerlo meglio, tanto che una ragazza si innamorò di lui. Purtroppo però, tante persone si fecero condizionare dai pregiudizi, e non lo vollero accettare in mezzo a loro. In questo caso, però, le mitiche lame non manifestarono un potere negativo, pur costituendo un limite per Edward, che fu sempre considerato diverso.

Ma delle tante lame scagliate in cielo, oltre lo spazio e il tempo, dalle possenti braccia di Ercole, ancora molte stanno vagando in questo preciso momento e cercano una loro collocazione nella storia.

Attenzione però, forse proprio a Maniago ve ne può essere qualcuna, che, per orgoglio o mania di protagonismo, potrebbe colpire chi non dovesse credere a questa storia.

Attento anche tu…non senti un brivido lungo la schiena…? Un pugnale vagante potrebbe essere la porta d’accesso per farti entrare tra queste pagine, così diverresti da lettore a protagonista di questa storia infinita.

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