IL CANTO DELLA MORTE

di Laura Allushi
Istituto Comprensivo Margherita Hack – Maniago

Ha il viso stanco, sporco di terriccio, polvere da sparo e sangue. Il suo è il viso di un bimbo che vive la guerra e la guarda, ogni singolo giorno, con quegli occhi color cioccolato, divenuti ormai spenti e freddi.
E guardo quegli occhi, occhi di un bambino che vorrebbe poter fare i capricci come tutti gli altri, occhi di un bambino che vorrebbe ritrovarsi tra le braccia della mamma quando ha bisogno di essere consolato, occhi di un bambino che non ha idea di cosa sia un orsacchiotto di peluche.
Povero bimbo; non ha idea del perché si ritrovi quel maledetto coltello in una mano e quel fucile in spalla, sa solo che il suo compito è quello di mettere fine a qualsiasi vita incontri durante il suo cammino. Ma perché?
Una domanda alla quale non ha mai trovato risposta, una domanda che si pone tutte le sere, mentre si gira e si rigira sul terriccio umido e scomodo in attesa di prendere sonno, una domanda che lo tormenta tutte le volte che viene travolto dall’acre odore del sangue, che sgorga dalle ferite mortali dei suoi nemici.
No, non nemici. Bambini, bambini che come lui eseguono gli ordini, senza domandare spiegazioni. Spiegazioni che potrebbero costargli la vita.
Occhi straziati, distrutti dalla consapevolezza di non conoscere l’infanzia. È davvero tanto che non sorride quel bambino, che il suo cuore non sorride. Eppure si ricorda benissimo come si fa… Che motivo avrebbe di sorridere, d’altronde? Che ne sarà di lui? Ci sarà domani?
Sente un esplosione in lontananza… un’altra ancora; forse l’ultima. Altre persone che vengono portate via dalla morte, dalla guerra. Prima o poi conoscerà la pace? Chissà… Sa solo che la sua famiglia si è spenta, se ne è andata, piano piano. Ed ora è solo. Solo, con quella lama affilata stretta in mano, pronto a distruggere.
Un pensiero va alla mamma e al papà, sicuramente non sarebbero fieri di lui. Una lacrima. Una lacrima che solca la sua guancia e schizza sul terreno come un diamante blu. No, certo che non sarebbero fieri di lui. Ma cosa può fare?
Ma ora dovrà essere forte, perché non deve dimostrare solo a se stesso di essere un uomo di nove anni, ma anche a tutte quelle persone innocenti che hanno bisogno di giustizia. Anche se la vita non è stata corretta con lui, anche se non conosce la parola libertà, anche se non avrà mai il suo orsacchiotto di peluche, anche se guarda in faccia la morte tutti i giorni, nulla gli impedirà di essere forte, di essere un uomo. Perché quegli occhi scuri non solo sono arrabbiati per quella cosa inutile che porta solo sofferenza e morte chiamata guerra, ma sono anche addolorati perché nessuno sarà mai in grado di restituirgli la sua innocenza da bambino.

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