LA SPADA MAGICA

di Benedetta Sorrentino

Educandato Statale “Collegio Uccellis” – Udine UD

Una lama splendente proiettò il suo bagliore sul mio viso e mi costrinse a socchiudere gli occhi.
Con un piccolo sforzo mi avvicinai all’arma e rimasi folgorata dalla sua bellezza: una spada risalente all’epoca longobarda pendeva misteriosamente da una delle travi della soffitta di mia nonna.
La soffitta della casa di mia nonna: un luogo per me magico e misterioso…
Fin dai miei primi ricordi, quello stanzone polveroso e pieno di oggetti aveva rappresentato per me una sorta di “paradiso”, dove rifugiarmi in cerca di solitudine e di pace.
Forse perché la stessa casa di mia nonna “sapeva di storia”, ed ogni volta che ne avevo la possibilità chiedevo ai miei genitori di trascorrere le mie vacanze a Cividale del Friuli, da mia nonna appunto.
Ero cresciuta tra i racconti della storia di questo affascinante luogo, meta di popolazioni lontane e misteriose: Romani, Longobardi, Cosacchi…
Ognuno aveva lasciato un segno particolare nelle abitudine, nei volti, nei geni dei Cividalesi. Mia nonna, da quando sono nata, mi chiama la “sua longobarda”, forse per i miei capelli biondissimi e i miei occhi azzurri, forse per il carattere combattivo che connota i miei comportamenti.
In verità, credo di assomigliarle molto e di avere con lei un legame profondo, fatto di interessi e passioni comuni.
Una di queste è proprio la storia dei Longobardi: sono cresciuta con i suoi racconti e con le sue letture.
Ricordo nitidamente quando, piccolissima, sfogliavo la sua tesi di laurea, guardando con curiosità le foto che riproducevano le armi trovate nelle tombe longobarde.
Con orgoglio ascoltavo i racconti di mia nonna, che contro la volontà di tutti era partita per Padova nei primi anni cinquanta per studiare lettere antiche: le sue ricerche, allora antesignane, sulla cultura longobarda, sull’Ade, sulla capacità di forgiare le armi di questo popolo così importante per i Cividalesi, avevano segnato la mia infanzia.
Non so se ci credeva veramente, ma molto spesso aveva condito i suoi racconti con elementi magici e misteriosi: elmi e spade fatate, che avevano assicurato la vittoria di chi le aveva possedute.
Il giorno in cui il bagliore di quella lamina mi colpì, mi si era fermato il cuore: forse era la spada magica di cui avevo sentito parlare e forse la spada cercava proprio me.
Con timore mi arrampicai su una sedia e la afferrai: subito mi sentii attraversata da un’energia nuova e pensai ai racconti di mia nonna. Armi magiche che assicuravano la vittoria a chi le possedeva…
Avvolsi la spada in una coperta e corsi da mia nonna, che mi accolse con un grande sorriso: sapeva già tutto.
Mi fece sedere accanto a lei e con emozione mi disse : “Il tuo momento è arrivato! Era da molto tempo che la spada ti stava aspettando: sei tu la prescelta!”.
Sbigottita guardai mia nonna in cerca di spiegazioni. Lei mi disse: “Abbi pazienza; ti racconterò ogni cosa, ma prima di tutto devi “conoscere” la spada”.
Mia nonna prese un panno e lucidò la lama: subito brillò una scritta Faber Maniaghensis me fecit. Ducis victoris semper ero. Gis…
Cominciai a balbettare: “Un fabbro di Maniago mi forgiò. Apparterrò sempre ad un comandante vincitore. Gis… Forse Gisulfo, nonna? Non riesco a decifrare l’ultima parte dell’iscrizione!”.
Vidi il volto di mia nonna illuminarsi! Non so se era più emozionata per il fatto di trovarsi difronte alla spada o per avermi sentita tradurre il latino! In fondo avevo iniziato da poco a studiare questa lingua, di cui cominciavo ad apprezzare la bellezza e la magia.
Con voce tremante mi disse: “Certo cara proprio Gisulfo, nostro avo”.
Rimasi folgorata dalla risposta di mia nonna.
“Gisulfo mio avo? Un nome longobardo in un’iscrizione latina?” pensai tra di me.
Certo mi sembrava strano, ma in fondo il Friuli fu terra di conquista e di incrocio di mille popoli e di mille culture.
Mi ripresi subito dalla sorpresa e comincia a travolgere mia nonna con mille domande.
Lei con pazienza cominciò a raccontare: “Non è una novità che nella nostra famiglia scorra sangue longobardo e non siamo certo un’eccezione in queste terre. Ricordi bene le pagine della Historia Longobardorum di Paolo Diacono, che ti leggevo quando eri piccola”.
Subito alla mia mente si affollarono piacevoli ricordi: lunghe serate passate ascoltando mia nonna leggere quello strano libro che narrava le vicende del popolo dei Longobardi; le ore passate a fantasticare su quella casa, che vedevo dalla finestra del salotto di mia nonna, detta appunto di “Paolo Diacono”.
Quindi la spada era appartenuta al re Gisulfo, che solo a causa del tradimento della moglie Romilda perse il suo Ducato! Il sangue del re Gisulfo scorreva nelle mie vene… Che gioia, che sorpresa!
Colta da un irrefrenabile entusiasmo afferrai la spada e persi i sensi. Mi risvegliai in un luogo sconosciuto, circondata da giovani ragazze vestite in modo strano, che cercavano in ogni modo di farmi rinvenire.
Impaurita, cercai di alzarmi, ma la loro presenza mi impauriva; finsi di svenire di nuovo, ma in realtà volevo ascoltare i loro discorsi. Non so bene in che lingua parlassero, ma stranamente riuscivo al capirle. “Finalmente è tornata Liutbranda, solo lei potrà liberarci dalla schiavitù! Avete notato, ha con sé la spada del nostro re!”.
Non sapevo veramente cosa fare, mi sentivo smarrita. Poi il mio sangue longobardo si fece sentire e decisi di calarmi nella parte: in fondo conoscevo bene la storia dei Longobardi. Finsi solo di essere stata colpita al capo e di non ricordare più nulla. Scoprii che le ragazze che mi circondavano erano tutte figlie di nobili longobardi che stavano organizzando una rivolta contro gli Avari.
Non appena si accorsero che avevo aperto gli occhi e mi stavo toccando il capo, si strinsero attorno a me. Una ragazza, con delle lunghe trecce bionde, mi disse: “Liutbranda, che cosa ti è successo? Dove eri sparita? Eravamo molto preoccupate! Ormai tutto è pronto per la nostra riscossa!”.
Piano piano cominciai a capire: mi trovavo nel ducato longobardo di Cividale, all’epoca di Gisulfo, che seppi essere mio padre; a causa del tradimento di mia madre, gli Avari avevano conquistato la città e la maggior parte delle donne erano state portate come schiave in Pannonia.
Un gruppo di giovani donne, guidate da me, era riuscito a fuggire e si era nascosto in una “soffitta”, che stranamente ricordava quella della casa di mia nonna.
Sapevo cosa dovevo fare: impugnai la spada e guidai il mio piccolo esercito alla riscossa. Protette dall’arma magica, riuscimmo ad ottenere una vittoria schiacciante e a riconquistare la reggia.
Il popolo dei cividalesi mi acclamava come regina, inneggiando al mio coraggio ed alla mia forza. Nel giro di pochi giorni mi trovai seduta sul trono, il giorno dell’incoronazione. Davanti a me uno stuolo di funzionari e di guerrieri che con le armi in pugno, scortavano una preziosa corona. Ero emozionatissima!
Quando la corona mi fu posta sul capo, sentii una sensazione strana: non riuscivo a reggerne il peso e fui costretta ad abbandonarmi sul trono, quasi in posizione supina. Provavo un forte dolore al capo, che mi costrinse a chiudere gli occhi.
Quando mi risvegliai tutto era diverso: scomparsa la sala del trono, scomparsi i funzionari ed i guerrieri, scomparsa la corona.
Mi ritrovai nella soffitta di mia nonna con un forte dolore al capo: qualcosa mi aveva colpito!
Con il cuore che mi batteva all’impazzata, mi guardai intorno…
Subito mi colpì il luccichio di una lama: era una spada!

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