HEY, JUDE!

Di Andrea Memmi

ISTITUTO C. DIVISIONE JULIA –TRIESTE

18 Giugno 1984
Tony marciava silenziosamente insieme ai suoi compagni.
Gli unici suoni, in quella mattinata quasi irreale, erano il ritmo sordo dei passi sul selciato e il verso rauco di qualche cornacchia che svolazzava sui tetti e osservava con i suoi piccoli occhietti neri la lunga fila di minatori. L’aria si era impregnata di sudore: si respirava a fatica, il naso quasi pungeva.
Tony si guardò attorno e le uniche espressioni dipinte sulle facce dei suoi compagni erano smorfie di tristezza e frustrazione.
Il sole faceva fatica a filtrare tra le coltre nubi, che apparivano come blocchi di calcestruzzo pronti a cadere da un momento all’altro. Lui era sempre stato un fine osservatore e non gli era certo sfuggito, dalla vetrina del negozio lì a fianco, il commesso che aveva appena fatto cadere una tazzina, né aveva ignorato la vecchia signora che li stava scrutando dall’alto della sua finestra sul cortile.
Ma spingendo oltre lo sguardo, notò una cosa ancora più interessante: un uomo, in una via trasversale alla loro, che era in procinto di salire furtivo su di un taxi. Quell’uomo era Jude, l’individuo che qualche settimana prima aveva interrotto lo sciopero, sospendendo ogni contatto con i suoi amici più cari solo per inseguire il proprio bieco interesse. La frustrazione era troppa, così Tony cedette al desiderio di sentire che razza di stupide scuse avrebbe accampato quell’animale. Si discostò dal gruppo e accelerò il passo. I suoi piedi stavano mangiando l’asfalto. Si avvicinava sempre di più alla sua preda.
« Da quanto tempo, Tony …»
« Hey, Jude, nonostante tutto quello che abbiamo passato insieme, fai finta che io sia un estraneo! Ci hai traditi. Di nuovo. »

11 Novembre 1983
Tony stava tornando a casa con Jude e Peter, dopo otto estenuanti ore di lavoro.
Ancora un giorno erano stati sfruttati, eppure nessuno si lamentava. Erano disposti a farlo lo stesso, dovevano portare il pane a casa, in un modo o nell’altro. In quel periodo la notte non tardava ad arrivare e a quell’ora i quartieri della Contea sono poco raccomandabili, non è difficile trovare gente strana. Da un locale lì accanto provenivano le note di un medley dei Beatles. I tre giovani affrettavano il passo, sull’onda morbida della musica.
Nella direzione opposta camminavano due uomini brilli, le tipiche persone da cui è meglio stare alla larga …
Canticchiavano sguaiatamente. Certo non intimidivano Tony.
Nel sorpasso uno dei due, che aveva in mano una bottiglia, urtò Jude e gli rovesciò un po’ di quel prezioso alcool sulla giacca. Tony impulsivamente lanciò un’imprecazione e pretese delle scuse. Non le ottenne, purtroppo. Era prevedibile. Così si accese una rissa e tutti presero la loro parte di botte, come straordinario. Tutti tranne Jude.
Lui da codardo si lasciò difendere senza fare la sua parte.
L’unica cosa che … sapeva fare bene era dileguarsi, soprattutto quando le faccende si facevano serie. Anche in quel caso, appena vide che la situazione si rivoltava contro di loro, scappò via come una lepre. Non gli importava neppure di affrontare le conseguenze delle sue azioni, infatti evitò sempre di parlare di quel fatto con Tony o Peter.
Fino a quel giorno.

18 Giugno 1984
« Tony, apri gli occhi! Il sindacato non vincerà mai, tu per loro sei solo uno dei tanti ingenui che l’appoggia. É una causa persa … Come te.»
« Hey, Jude, sei solo un vigliacco!»
« Fa’ come credi. lo vado a lavorare! Sei vuoi morire, non posso farti cambiare idea.»
I due si guardavano come cani affamati che si contendono una bistecca.
Tony rifletté attentamente: poteva un uomo così meschino continuare a vivere? Una semplice domanda, e per lui la risposta era ancor più naturale. No.
Sfilò il coltello, lo stesso coltello che quella mattina aveva preso di nascosto da uno dei cassetti della cucina, perché sapeva che qualcosa quel giorno sarebbe andato storto, non poteva far fronte al suo istinto.
Lo afferrò saldamente e con tutta la forza cui riuscì a fare appello, scagliò il suo braccio contro il suo petto. La lama tagliò la carne facilmente, come fosse burro, e l’ondata di sangue che seguì la prima coltellata bagnò il viso di Tony di un rosso profondo, caldo e denso. Poi estrasse la lama che aveva ormai cambiato colore e scintillava lungo tutta la sua lunghezza; la percossa fece cadere Jude che lo guardava come un cerbiatto fissa la canna del fucile. Si fiondò su di lui per il colpo di grazia. Questa volta il coltello attraversò la giugulare con precisione chirurgica, e più andava a fondo più si inebriava del suo sangue, più scavava nella sua carne, più la follia aumentava e ne sembrava dipendente. Quando ebbe finito, si alzò in piedi e sottovoce disse tra sé e sé:
« Sì … ho fatto proprio un bel lavoro.»
Ormai in Tony non era rimasta più alcuna traccia di umanità.
Tutte le sue preoccupazioni, le discussioni in famiglia, lo stress per il lavoro, la perdita improvvisa di sua madre e quella imminente di sua nonna lo avevano messo alla prova.
Fin troppo.
La mente umana è fragile e debole.
Persino un evento insignificante, in una frazione di secondo, può far saltare quel complesso sistema di neuroni che noi chiamiamo cervello.
« Ora, signori e signore, il gran finale!»
Puntò al collo l’affilata arma e, con un colpo secco, l’affondò.
In una manciata di minuti due vite si spensero insieme.
Tony cadde a terra, vicino al corpo di Jude, e il coltello insieme a lui. Quella lama assetata aveva reclamato il sangue di due uomini: un malato e un codardo. Conservava i loro ultimi istanti di vita e, quando cadde sul duro asfalto, tutto perse d’importanza.
Dopo qualche rimbalzo, dopo l’assurdo tintinnio metallico, tutto si fece immobile.
Tony aveva ceduto.

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